domenica 23 dicembre 2012

NATALE



Non è nato nella mangiatoia,
non ha sofferto per il gelo,
non gli è mancato il cibo,
ogni desiderio è stato accontentato.
Eppure
è il più povero tra i poveri.
Basta osservarlo.
La tristezza,
il dolore,il vuoto,
gli fanno compagnia.
Gli è mancato il calore
di una famiglia unita,
il progetto dei genitori
di crescerlo insieme.
Quanti “Bambinelli”
nel nostro opulento mondo!

sabato 22 dicembre 2012

NON IMPORTA




Se il tuo passo supera il mio,
 non importa,
la mia orma sarà più profonda e vissuta.
Se il tuo piede anticiperà il mio,
sarà  giusto,
 le tue forze mi sono superiori.
Se giungerai al traguardo prima di me,
sarò comprensiva,
l’attesa è impazienza
 nella tua giovane età,
non importa,
 l’amore non ha limiti.

 Ma...
se il tuo passo attenderà pazientemente il mio,
se il tuo braccio  sorreggerà il mio corpo stanco,
se il tuo sguardo acuto mi indicherà la via,
ti racconterò di me.
Della mia esperienza ti farò dono,
della mia calma ti inonderò,
del mio vissuto farò perle,
 come collana orneranno il tuo collo,
 … ti  terranno compagnia
 quando più non ci sarò
figlia mia!

LE PAROLE RICORDATE




Parole danzano nell’aria.
Le avverto,
le sento,
mi accarezzano la pelle,
poi
penetrano dai pori
risalgono nelle vene,
 come sangue pulsato
scorrono in me.
Le parole risuonano nella mente
come un motivetto orecchiabile
che non riesco e non voglio mandar via.
Mi fanno compagnia,
rompono il silenzio
 intorno.
Le assaporo,
le riconosco,
sono le tue parole,
ora
diventano  mie.
Sono come serpenti
mi stringono in spire
di periodi vissuti
lontani come ere geologiche.
Sono semplici parole
foto in bianco e nero,
descrivono il tuo essere
ma … rivivo la tua assenza!
Le parole ricordate
ti restituiscono
solo per un attimo
alla vita
che, ormai,
più non ti appartiene.

A MIO PADRE






venerdì 21 dicembre 2012

BIRRERIA FIRST



Emilia e Franco si guardavano intorno soddisfatti.
Era stato il sogno di una vita aprire la birreria, finalmente lo avevano realizzato.
Osservavano compiaciuti i legni scuri e lucidi del bancone e dei tavolini, che davano all’ ambiente un tocco caldo e raffinato, il soffitto con le travi a vista, gli specchi istoriati, non in stile liberty ma raffiguranti boccali di birra di diverse grandezze. Era stato Franco a serigrafarli, con maestria. A terra il cotto scuro ben si amalgamava con i colori delle sedie color amaranto.
Era un locale chic, non volgare e aveva una caratteristica che altri non possedevano: una biblioteca aggiornatissima di libri gialli, a disposizione della clientela.
Emilia non voleva ubriaconi nel proprio locale, bensì gente che amasse la birra e la lettura.
Sembrava in realtà un binomio un po' azzardato, lei voleva essere oltre le convenzioni, gli avventori dovevano essere speciali perché la birra, per lei, lo era davvero!
Sia lei che Franco, suo compagno di vita da diversi anni, adoravano la birra, Emilia beveva con piacere quella gialla dorata, non eccessivamente fredda, Franco quella scura da bere rigorosamente alla spina e sempre ben ghiacciata. Non si erano mai ubriacati perché, come solevano affermare, l'ubriacatura eliminava il piacere e il benessere che la birra ti dava.
L'inaugurazione del locale sarebbe avvenuto di lì a pochi giorni, la coppia lavorava alacremente per portare a termine il lavoro, bisognava ancora sistemare la cantina con le belle botti di legno, richiedevano una buona mano di vernice anche le scale che conducevano al seminterrato.
Ultima cosa, non meno importante, preparare e spedire gli inviti.
Li aveva disegnati Emilia, erano davvero semplici, spettacolari e inequivocabili: un boccale di birra accanto ad un libro aperto, sotto la dicitura:
“LA BIRRA FA BENE ALLO SPIRITO … LA LETTURA AL CERVELLO”.
Franco in realtà, non era molto d'accordo riguardo alla biblioteca, dopo innumerevoli, quanto inutili discussioni, aveva ceduto pensando “Tanto non sono obbligati a leggere un libro!”
I libri li aveva scelti Emilia, erano gialli che lei aveva profondamente assaporato, King, Connely, Faletti, Cornewell, Janson, per citarne alcuni, erano i preferiti.
Nella zona lettura del locale, aveva predisposto delle sedie con lo schienale più ampio e comodo, dei tavoli bassi accanto e delle luci orientabili.
Lei ne era davvero orgogliosa, era il suo fiore all'occhiello. Quale altra birreria poteva vantare un si 
tale accorgimento e connubio? All' esterno un’insegna molto tradizionale, quasi strideva con la raffinatezza del locale, ma la donna era stata categorica “L'interno deve essere una sorpresa, nessuno immaginerà la raffinatezza del luogo!”
C'erano state discussioni su chi invitare all’inaugurazione. Franco più pragmatico aveva pensato di mettere un annuncio sul giornale locale, così chiunque avrebbe potuto partecipare. Emilia invece, voleva solo gente di un certo livello, una clientela scelta. Aborriva all’idea di veder seduti nel locale potenziali avvinazzati. 
“Emilia, sono pronti gli inviti così da poterli spedire?” Chiese Franco.
“Sì, un centinaio sono già affrancati. Altri potremmo scannerizzarli e mandarli via e-mail. Che ne pensi?” Chiese la donna.
“Mi sembra un' ottima idea. Ho esteso l' invito anche al direttore di “Antenna proibita”, ci farà 
 un' ottima pubblicità”.
“Pensi proprio a tutto!” Disse felice Emilia.
A un tratto la conversazione fu interrotta.
“E' permesso? Posso entrare?” Chiese una voce di donna.
In realtà non aspettavano nessuno, il locale era chiuso ed era proibito sbirciare.
Sulla porta del locale, in controluce, apparve una sagoma femminile. Avanzava timidamente, non era possibile guardarla in volto poiché voltava le spalle alla luce esterna.
“Scusi il locale è chiuso, ancora non è aperto al pubblico.” Disse Franco.
“Lo so, lo so, mi dispiace, ma ho un disperato bisogno di lavorare. Magari volete due braccia in più per sistemare tutto. Io sono brava, sono forte. Sono Orietta Rinaldo, forse conoscete mia nonna, abita proprio all’ entrata del paese.” Disse facendosi avanti nella stanza e tendendo il braccio verso Emilia, che percepiva la più ostile.
Franco si avvicinò alla donna, finalmente poté osservarla con attenzione. Aveva un non so che di conosciuto, quasi parentale, non era giovane così come la voce poteva far credere. Doveva avere circa quarant’anni, con un corpo esile ma muscoloso. Era anche alta e in un certo senso interessante. 
“Piacere sono Franco e lei è la mia compagna Emilia.”Disse l' uomo.
“Sa non abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti, ” Intervenne Emilia.
“Io so fare tutto, come ho già detto. Non pretendo molto, sono disperata. Senza un lavoro, senza soldi Vi prego, aiutatemi!” Terminò la donna con un singhiozzo.
Emilia e Franco si guardarono negli occhi, fu quasi un muto assenso.
“Senta, le possiamo offrire qualcosa, solo per pochi giorni. Il personale lo abbiamo già, siamo al completo. Sa dipingere le pareti? Avremmo bisogno di una mano prima dell' apertura del locale.”
“Va bene lo stesso, almeno racimolo qualcosa. Così posso aiutare mia nonna. Quando posso iniziare?”
“Ora stiamo per andare via,dobbiamo andare in banca. Domani mattina alle sei e trenta ci vediamo qui. Arrivederci.”  La congedò Franco.
“Grazie, grazie, siete di buon cuore, non ve ne pentirete.” Disse la donna uscendo dal locale.
“Abbiamo fatto bene a dare fiducia a un' estranea?” Chiese Emilia a Franco che rispose con una scrollata di spalle. Per lui la discussione era chiusa.
Emilia non era tranquilla poi, si disse che in fondo non l'aveva adottata, le aveva solo dato un'opportunità di lavoro.
Uscirono dal locale, si recarono in banca per ritirare l’ultima trance del prestito, occorreva per pagare fornitori e operai. 
Fu una giornata massacrante, giunta la sera poterono finalmente tornare a casa, cenare e fare progetti per una vita futura più rosea, grazie alla “Birreria First”.
La notte non fu serena, demoni si affollavano nei sogni di Emilia, si girava e rigirava nel letto.
Le veniva sempre in mente quella donna, cui avevano dato lavoro.
Ad un certo punto le parve di sentire una certa confusione, si affacciò alla finestra che dava sulla strada, di fronte al locale. Le parve di vedere uno strano andirivieni, di solito la zona, a notte fonda, era poco trafficata.
Si affacciò sul portico, accese la luce, in realtà non vide nessuno. Era forse stata la sua insonnia a creare quelle visioni?
“Sono troppo nervosa, si disse, devo assolutamente riposare altrimenti non avrò le forze necessarie per lavorare.”
Diede un altro sguardo alla strada e fece per rientrare in casa. Non fu possibile, una mano le artigliò la bocca, una seconda le strinse la gola fino a soffocarla. Perse i sensi, il buio la avvolse. Fu trascinata via mentre una figura silenziosa si chiudeva la porta alle spalle, entrava nella stanza da letto, si coricava accanto a Franco che, non si accorse di nulla. La donna abbracciò l’uomo e lo accarezzò. “Tesoro adesso no, sono proprio stanco!”Disse Franco e si riaddormentò.
 L' indomani fu l' uomo il primo ad alzarsi, andò subito in bagno, fece una rapida doccia, si rivestì. 
Non guardò la donna stesa nel proprio letto, andò al locale, vi era ancora del lavoro da fare. Prima di uscire da casa disse “Emilia ci vediamo alla birreria, sbrigati.”
Non ottenne risposta, non se ne meravigliò, la propria donna spesso aveva un sonno pesantissimo e faceva fatica a svegliarsi al mattino.
Arrivato alla birreria, aprì il locale e dopo poco tempo vide arrivare  la nuova lavorante. Notò che era davvero carina, la salutò e la invitò a entrare.
“Senta si metta la tuta bianca e infili anche i guanti, bisogna dipingere la cantina. In fondo al corridoio troverà tutto il necessario, poi inizi pure.”.
“Come vuole sig. Franco.” Rispose la donna.
Si recò, dove le era stato indicato, si mise la tuta, prese tutti gli attrezzi necessari e fece quato le era stato detto... 
“Noooooh!”
 Franco udì un urlo disumano.
Scese a precipizio le scale e il cuore gli venne meno, dovette sorreggersi alla ringhiera: l'orrore era dinanzi  ai propri occhi.
Emilia, nuda, pendeva da un cappio legato al lampadario di ferro battuto. Il corpo era insanguinato, uno squarcio le apriva il ventre da cui fuoriuscivano gli intestini, sembravano rossi serpenti.
Il muro recava scritte in arabo o almeno così sembravano, croci uncinate di sangue, diversi simboli esoterici erano stati segnati sul pavimento.
Le botti erano state squarciate, la birra versata rendeva l'aria irrespirabile.
Franco tremante, con gli occhi bassi, non riusciva a guardare la propria donna, in realtà avrebbe volutao abbracciarla, coprirle il corpo nudo, l'unica cosa che riuscì a fare fu chiamarla con voce accorata “Emilia, Emilia, rispondimi, ti prego. Amore non puoi morire!” Poi cadde a terra come in stato di trance. Fu Ornella che prese il cellulare e digitò il 118: ”Aiuto, venite presto, alla “Birreria First” è un macello, c'è un morto. Via Crimi 17. Fate presto!” Terminò con un singhiozzo, scivolò a terra, si coprì gli occhi con le mani e attese l'arrivo dei poliziotti e dei soccorsi. All’udire il suono lacerante della sirena si alzò, con il volto pallido e segnato, gli occhi cerchiati, balbettando accolse i militari, li condusse dove Franco era accovacciato a terra, in quella disperata posizione.
La scena era raccapricciante, i militari iniziarono i rilievi del caso.
Solo dopo diverse ore il corpo di Emilia fu rimosso e portato via per l’autopsia. Il Capitano 
Binocchi, che doveva seguire il caso, cercò di scuotere, far reagire Franco che ripeteva continuamente solo una frase, forse senza senso, “Chi c'era nel mio letto stanotte? Chi ha dormito con me?”
I carabinieri lo accompagnarono a casa, tutto sembrava a posto. Entrarono nella camera, trovarono l'impronta di un corpo femminile nel letto, indumenti intimi a terra. Era come se la donna si fosse alzata da soli pochi minuti, fosse ancora sotto la doccia per poi tornare e rivestirsi. Com’era possibile? Dai primi rilievi fatti era emerso che la vittima era morta da circa cinque ore, il corpo si stava irrigidendo.
Franco fu accompagnato in ospedale, era in stato di choc, i carabinieri per ogni evenienza si rivolsero a Ornella, si era presentata come cugina dell' uomo. 
Il Capitano Binocchi solo da pochi mesi si trovava a Fascina, ridente paese in provincia di Messina.  Nonostante fosse pieno di esperienza, visti i numerosi anni di servizio, dinanzi alla violenza era sempre devastato, anche se non lo dimostrava esteriormente.
La vista dello scempio operato sulla povera donna lo aveva scombussolato, doveva iniziare a indagare, sapeva benissimo che le prime quarantotto ore erano importanti.
Avrebbe sentito Ornella la cugina, perché Franco sembrava incapace di parlare e di connettere.
Tornato in caserma, dopo aver sottoposto a sequestro il locale, decise di interrogarla.
La mandò a chiamare, nel frattempo avrebbe fatto una ricerca su Franco ed Emilia.
Dai riscontri ottenuti risultava che Franco ed Emilia, nativi del luogo, stavano insieme da diversi anni. Senza figli e ambedue con un matrimonio fallito alle spalle.
Non avevano diretti parenti, i genitori di entrambi erano morti, Emilia aveva una sorella che era emigrata in America e da diversi anni non incontrava. Non erano in buoni rapporti, era stata la sorella a mettere in crisi il suo rapporto con il marito che ne era diventato l’attuale compagno. L' ex moglie di Franco invece, si era rifatta una vita, a quanto pare felice, con un operaio che lavorava a Milano, dove adesso risiedevano. Dall’ unione erano nati due figli.
“Questi parenti sono fuori discussione. “ Si disse Binocchi.
Avrebbe ascoltato gli amici della coppia, il paese era piccolo e dai pettegolezzi forse qualcosa sarebbe emerso.
Apparentemente tutto sembrava funzionare tra loro e poi l'apertura del locale li aveva avvicinati ancor di più.
Binocchi fu distratto dal bussare alla porta.
“Comandante c'è qui la teste che volete ascoltare.” Disse un giovane carabiniere.
“La faccia entrare e chiami l'appuntato Sorace per la verbalizzazione.”
“Si accomodi prego.”
La donna entrò, aveva gli stessi abiti della mattina, un jeans scolorito azzurro e una maglietta rossa.
Non portava monili, solo una grossa borsa a tracolla. Era bella ma trascurata, il volto un po' scavato, come se avesse vissuto periodi molto difficili. Nonostante facesse caldo, indossava una maglietta con le maniche lunghe, addirittura raggiungevano le falangi delle dita. Il capitano si accorse che, se per caso la manica scopriva il dorso della mano, si affrettava a ricoprirla, come se volesse nascondere qualcosa. La donna aveva occhi molto belli, grandi, allungati di un colore cangiante, tra il verde e l'azzurro mare, non guardava mai l'interlocutore, li teneva sempre bassi, come se temesse che potessero leggerle i pensieri più reconditi. Sembrava giovane, in realtà dalla carta d' identità aveva notato che aveva trentanove anni, nubile, diplomata.
“Signorina mi dica cosa ha visto questa mattina e quali sono stati i suoi movimenti ieri sera.” disse il Capitano.
“Stamattina, come d'accordo con Franco, alle sette sono andata al locale per lavorare. Sono arrivata prima di lui. Ho aspettato che arrivasse, poi insieme siamo entrati, mi ha detto di andare a dipingere la cantina, è quello che ho fatto e ho visto il cadavere penzolare dal lampadario.”.
“Conosce da molto tempo il signor Franco?” Chiese il Capitano.
“Oh sì, siamo anche parenti. Io l'ho aiutato a scegliere gli inviti, le serigrafie per gli specchi, la disposizione dei tavoli. Anche la tipologia di birre da servire. Io sono un' esperta in questo campo. Sì, siamo molto uniti. Ci vogliamo bene!” Concluse la donna.
“Quali erano  i rapporti con la vittima?” 
“Bè era un po' gelosa, ma ci siamo sempre rispettate Si era accorta che Franco aveva delle speciali attenzioni per me… Lui, un giorno, mi aveva confidato che non sapeva come lasciarla ma al momento opportuno lo avrebbe fatto. Lo sa che ho scelto io di ampliare l' offerta del locale con una biblioteca di libri gialli. Io li adoro!”
Finì la donna alzando la mano per togliersi una ciocca di capelli dagli occhi. Così facendo scoprì l'avambraccio sfregiato da lunghi e rossastri graffi.
“Signorina, questi graffi sembrano recenti, come se li è procurati? Chiese Binocchi.
“Oh, niente d' importante, è stato il mio gatto. Mi piace tenerlo in braccio e lui cerca di scappare graffiandomi.”.
“Qual è il suo domicilio?”
“Franco è stato così gentile da ospitarmi nella sua casa. Ieri sera però ho dormito da mia nonna, non stava bene. Se vuole, può chiederglielo. Stamattina l’ho anche aiutata ad alzarsi e andare in bagno.” Terminò la donna.
“ Lo verificheremo. Può andare, ma non si allontani dal paese.”
Appena la donna uscì, il Capitano prima ordinò che la seguissero, poi diede disposizione di appurare la versione della donna, quindi si recò in ospedale per incontrare Franco.
Purtroppo era ancora in stato catatonico, dalle analisi effettuate sembrava che l' uomo fosse stato drogato con un cocktail di medicine che provocavano astenia e amnesia. Non si comprendeva se l’uomo avesse assunto volontariamente i farmaci o fosse stato costretto, era impossibile riuscire a farlo parlare.
Nel frattempo la donna era pedinata dal carabiniere Di Giovanni.
Chiamato dal Capitano, riferì che Ornella prima era entrata in un bar, per un caffè, poi si era recata alla birreria ma, essendo sotto sequestro e non potendo entrare, si era allontanata. A un certo punto, come se avesse captato di essere seguita, si era avviata al centro commerciale, entrata in un negozio di abbigliamento aveva iniziato a provare abiti, poi si era dileguata uscendo dalla parte opposta, facendo perdere le proprie tracce.
La donna, infatti, aveva subito compreso di essere sospettata e quindi seguita.
Quando fu sicura di non essere pedinata, era andata dai propri amici che la attendevano al motel “Bella Vita”. Entrata nella camera n. 75, la accolse una serie di rimproveri. “Dove sei stata, perché hai impiegato tutto questo tempo a tornare? Lo sai che dobbiamo raggiungere gli altri, ci aspettano per imbarcarci?”.
A parlare era stato Jean, il capo indiscusso del gruppo e compagno di Ornella. Gli altri erano seduti chi a terra, chi sul letto e sembravano aspettare istruzioni. Diverse bottiglie di birra vuote, prelevate la sera precedente dal luogo del delitto, erano sparse sul pavimento.
“Lo sai che sono stata interrogata dai carabinieri e poi ho dovuto seminare uno che mi seguiva!”Disse Ornella
“Hai rubato i soldi che la donna custodiva in casa? Dove sono? Dammeli! E l' uomo lo hai sistemato?” Chiese Jeans.
“Tutto a posto. I soldi li ho nascosti, appena diventa buio li prendo. L'uomo è in ospedale, non ricorda nulla. Tu piuttosto perché tanta violenza sulla donna?” Chiese.
“Hai visto che non voleva dire dove stavano i soldi? La colpa è solo sua! Adesso torna da tua nonna e fai la brava. Noi domani andremo via, tu ci raggiungerai con i soldi, appena possibile. Ora vai!” Finì l' uomo.
Ornella ubbidì, come aveva sempre fatto negli ultimi anni. Quell’uomo l’aveva in suo potere. All'inizio l'aveva soggiogata con la passione, ora era priva di una propria volontà.
Tornò dalla nonna, come le era stato detto di fare.
Si lavò, si coricò. Non riusciva a dormire, le immagini dell'agonia di Emilia le passavano davanti come un film.
Rivedeva “La Losca” che immobilizzava la donna, quando era uscita sul cortile, Jeans che ordinava di legarla alla botte colma di birra, dopo averla denudata. Le sevizie che il capo aveva fatto su quel corpo, le grida, le bestemmie, le urla della vittima. Rivedeva le bottiglie di birra che passavano di mano in mano, le risate sguaiate, infine l' incisione sul ventre e l'impiccagione. Ricordava come si erano dipinti col sangue che usciva copiosamente dal corpo della donna, avevano scritto alle pareti e segnato, con simboli da loro inventati, il pavimento. Erano, ora lo comprendeva, come posseduti da qualcosa di demoniaco che li spingeva a fare del male. Tutto questo mentre continuavano a ingozzarsi di birra. Solo il capo non beveva. Lui doveva essere sobrio per progettare alternative, guidare il gruppo. Ottenuta l'informazione che volevano, Jeans aveva ordinato di tornare al motel, di ripulirsi.  Lei era tornata da Franco e aveva dormito in quel letto. dopo aver cacciato via quella “gatta morta” di Giuliana che si era intrufolata in quella casa dopo il rapimento di Emilia. La mattina dopo, quando Franco ancora dormiva, lo aveva drogato, quel miscuglio che gli aveva iniettato avrebbe fatto effetto solo in seguito ad una forte emozione, poi aveva rubato i soldi. Lei aveva ubbidito in tutto, solo non aveva resistito a riposare in quel letto, accanto all' uomo che le aveva teso una mano.
Sapeva che nei prossimi giorni l'avrebbero di nuovo interrogata, la nonna però avrebbe testimoniato in suo favore. Poveretta. non era molto in sé, avrebbe ripetuto ciò che lei le avrebbe suggerito. L' unico sospettato sarebbe stato Franco, ormai incapace anche di articolare una frase di senso compiuto.
Lei sarebbe diventata l' unica proprietaria della “Birreria First”, l'avrebbe acquistata con i soldi rubati .Aveva già deciso che li avrebbe tenuti lei. Era giunto il momento di sbarazzarsi anche di Jean…
“Capitano c'è una denuncia interessante da parte del proprietario del motel “Bella Vita”. Il gruppo di ragazzi che aveva affittato alcune camere, si è dileguato senza pagare, la cosa importante è che sono state ritrovate sparse sul pavimento, diverse bottiglie di birra destinate all' inaugurazione della “Birreria First”e non ancora in vendita. Troveremo numerose impronte digitali ed elementi organici”  Riferì l'appuntato Sorace.
“Bene andiamo. Disponete posti di blocchi in uscita e in entrata dell' autostrada A 20, nei porti e all'imbarcadero. Andate e prelevare la signorina Ornella, avrà molto da raccontare!”
“La birra darà giustizia” pensò il capitano Binocchi, sfregandosi le mani.
Il caso sarebbe stato risolto molto presto, ne era certo!


                                                                    FINE











martedì 18 dicembre 2012

IL TEMPO VISSUTO



                     

Il tempo vissuto
mi ha lasciato le sue orme,
non le odio
no,
anzi...le amo.
Raccontano di me,
del mio vivere quotidiano,
del mio amare oltre....

Cosa sarebbe il mio volto,
se la vita non vi avesse inciso
le proprie unghiate?
Una strada senza tombini,
un viale senza alberi,
un casa senza tetto,
una vita senza amore e dolore,
no...non sarebbe possibile!

Le mie rughe parlano...
raccontano...urlano...
di affetti, di tradimenti,
di sofferenze e gioia...
La felicità di una nascita,
il dolore di una perdita...

Tutto è parte della vita,
tutto mi appartiene,
la risata smagliante della gioventù,
il sorriso accennato della vecchiaia.
Sul volto vi è il film della mia vita,
è storia presente,
passata ... forse futura,
se lo vuoi,
 puoi ancora leggervi
d' amore.